CAPITOLO III

 

 

- Non ne sapevo nulla ho detto!! – Ripeté Leyla per la decima volta. – Che cos’è? Mi state facendo il terzo grado? – Stava perdendo la pazienza. Scott Summers continuava a riformularle sempre la stessa domanda, Kurt Wagner osservava la scena appollaiato in un angolo in silenzio, mentre Xavier si scambiava occhiate con Ororo.

- Possibile che non ne fossi al corrente? Eppure vi frequentavate da diverso tempo!

- No, no e no!! Sapevo del fattore rigenerante, tutto qui! Non ho mai visto questi artigli!!

Sprofondata sulla poltroncina di pelle dell’ufficio di Xavier, Leyla si lasciò andare:

- Che Yoko sia strana non lo metto in dubbio, è spesso silenziosa, non dorme quasi mai e quando lo fa si sveglia di soprassalto in preda al panico. Non so molto di lei, non ha conosciuto i genitori, è vissuta in Giappone con una coppia che l’ha adottata…che altro…sa usare la spada, come quei samurai che si vedono nei film! Non è mai stata cattiva…con me.

- e con gli altri? – Domandò Scott.

- Una sola volta. Quando l’ho conosciuta. In seguito si è sempre, come dire…trattenuta.

- Trattenuta? Spiegati meglio. – Fece di nuovo Scott.

- Non so, ma sembra che abbia terrore di mostrare ciò che è veramente. Sono convinta che abbia subito un qualche tipo di trauma. Lo ammetto, a volte mi fa paura. –

- Sta dicendo la verità – Li interruppe il professore.

- Dalla reazione avuta da Yoko, deduco che ben poche persone siano informate della sua mutazione. Vive come se ciò fosse una condanna.. – Rimase pensieroso per qualche istante ripensando a quel poco che aveva scorto affacciandosi nel baratro della mente della giapponese   - Puoi andare Leyla. – Le fece un sorriso benevolo. -  Grazie per la collaborazione. -

Leyla si alzò. Indossava una minuscola minigonna che lasciava nude le lunghissime gambe, nell’angolo Kurt svanì in una nube rossastra e si materializzò al suo fianco in un attimo, offrendosi di accompagnarla. Leyla accettò volentieri, poi, fermandosi sulla soglia, domandò al professore:

 La manderete via? - 

- Sarà lei a decidere. Non ho mai chiuso la porta in faccia a nessuno. La mia offerta è ancora valida.

- Mi ha aiutato e io le voglio bene

Kurt le mise un braccio attorno alle spalle, lei gli prese la mano e una nuvola di zolfo li avvolse teleportandoli altrove.

 

Yoko era ancora in infermeria per gli ultimi accertamenti, si sentiva molto meglio, le forze le erano tornate anche se un mal di testa di sottofondo continuava a farle ronzare le orecchie. Mrs Grey le stava applicando dei sensori in varie parti del corpo, McCoy prendeva appunti.

- Solo un semplice elettrocardiogramma – La rassicurò Jean.

Yoko le dedicò più attenzione.

Aveva la pelle molto chiara, punticchiata qua e la da alcune lentiggini, i capelli lunghi e ramati incorniciavano un viso dolce dagli occhi verdi come smeraldi, la bocca, non molto carnosa, era però sensuale al punto giusto, le mani erano delicate e le unghie ben curate…e poi il profumo.

Ricordò il vaso di garofani e begonie. Una donna con l’essenza di un fiore. Ma spesso, come aveva imparato, le apparenze ingannavano, oltre quella facciata poteva nascondersi chissà quale entità.

Quella donna aveva tentato più di una volta di intrufolarsi nella sua mente, non era affidabile, e , a quanto le era parso, se la intendeva con Logan, in barba all’insopportabile marito.

Un motivo in più per odiarla.

- Non ti vado a genio . – le comunicò Yoko sottovoce.

- E perché MAI? – Rispose Jean telepaticamente continuando il suo lavoro.

- Perché non ti lascio entrare. – Aggiunse Yoko

- IN QUEST’ISTANTE LO STAI FACENDO.

- Te lo sto lasciando fare, ma non fino in fondo…e questo ti infastidisce. -

- IO NON TI ODIO. SE RIMARRAI AL TUO POSTO E NON PESTERAI I PIEDI A NESSUNO, FORSE, E DICO FORSE, POTREMO ANDARE PERSINO D’ACCORDO.-

 

 

La comunicazione era finita. Yoko chiuse la porta della mente e ricominciò a fissare le luci sul soffitto. Avrebbe fatto le valige il giorno stesso, magari litigando con la sua amica che non voleva sentire ragioni, non era giunto il momento di mettere radici.

Si lasciò cullare dal leggero rumore delle lampade al neon.

 

 

 

- E tu? Hai deciso di trattenerti, fraulen Stevenson? – Domando Kurt mentre passeggiavano in giardino. L’esperienza del teletrasporto era nuova per Leyla.

- Oddio mi viene da vomitare! -  Aveva lo stomaco sottosopra. - Si. E’ un bel posto questo, pieno di gente interessante. – Si accomodò su una panchina, Kurt si sedette vicino. – Non sei di qui, vero? Hai un accento tedesco, un pò buffo direi. – Sorrise.

- Sono nato in Austria, ma ho vissuto per lungo tempo in Germania, ero l’attrazione di un circo. Ogni giorno ringrazio il Signore per avermi fatto incontrare il professor Xavier, colui che ha fatto di un fenomeno da baraccone… un uomo. – Si fece il segno della croce.

- Sei credente? Tu sei un credente? – Fece Leyla incredula.

- Si, non si direbbe visto l’aspetto. Ho studiato teologia, volevo diventare sacerdote.

- Volevi farti prete? Stai scherzando? – Leyla scoppiò a ridere. – Un prete con le orecchie a punta e la coda? Ma dai!! Sarebbe stato ridicolo!! – Non riusciva a trattenersi.

- Ho detto ‘volevo’. Tante cose mi hanno portato a rinunciare, anche quelli che la pensano come te. Kurt si era alzato indispettito.

- Non volevo mancarti di rispetto. Scusami. – Leyla tornò seria, si avvicinò a Kurt che era appoggiato ad un albero e gli passò una mano tra i capelli. – Strano – Pensò Non mi ero mai accorta di avere un debole per i diavoletti!! - Gli carezzò il viso dolcemente.

- Anche per questo ho deciso di rinunciare.  Kurt le cinse la vita.

- Allora è stato un bene in fondo…per la popolazione femminile. – La coda le sfiorava le gambe facendola rabbrividire, gli sfiorò le labbra con le sue, lui la trattenne.

Proprio un bel posto, pensò Leyla. – Vale la pena restare.. -

 

Bobby li scorse mentre passava per andare alla consueta esercitazione nella stanza del pericolo situata nei sotterranei, accessibili, oltre che dall’interno, anche dalla parte ovest dell’istituto.

La ragazza era carina, ma un pò troppo spregiudicata per i suoi gusti. Era comunque contento del fatto che Kurt avesse optato per lei, lasciandogli campo libero nei confronti della piccoletta.

Finito con la stanza del pericolo si sarebbe fatto sotto proponendole una cenetta romantica.

Per ora però, niente pensieri leggeri, l’addestramento richiedeva concentrazione totale, anche se si trattava di interagire con immagini fittizie, una sola distrazione avrebbe causato gravi danni all’intera struttura e messo in serio rischio la sua vita e quella dei compagni.

La presenza dell’uomo ghiaccio nel gruppo, un tempo fuorilegge, degli X-men, era diventata un optional. Aveva fatto parte della formazione iniziale assieme a Scott, Jean, Warren e Hank, poi, con il passare degli anni e l’adesione di altri mutanti, aveva via via preferito partecipare solamente a quelle missioni da lui ritenute degne delle sue capacità. Non mancava comunque agli appuntamenti quotidiani nella stanza del pericolo, per tenersi in forma, scaricare le tensioni e, perché no, divertirsi. Un paio di volte a settimana si regalava una serata spensierata assieme a Logan e Kurt, suoi inseparabili amici, bevendo fino all’alba.

Alcune ragazze dell’istituto l’avevano soprannominato Casanova Ice, poiché aveva amoreggiato con la maggior parte di loro e quando arrivava carne fresca era sempre il primo ad assaggiarla…

Per questo, con la complicità di Kurt, un altro rubacuori, si era precipitato sulle due nuove reclute adocchiate in sala mensa. La più alta, Leyla, quella che non passava inosservata, era subito caduta nelle grinfie dell’amico elfo, in un primo momento aveva puntato su di lei, ma in seguito si era reso conto che la piccola sarebbe potuta risultare un bocconcino più prelibato, con quel caratterino che si ritrovava. Yoko Ishikawa. Davvero intrigante.

Per ora, però, niente pensieri leggeri!

 

- Posso andare? – Chiese Yoko mentre si vestiva.

- Si, certo. L’importante è che ti tenga lontana dai guai, vorrei che tutto rimanesse tranquillo nel periodo della tua permanenza tra noi. Ok? – Raccomandò il dottor McCoy.

Yoko lasciò l’infermeria, intorno si udivano pochi rumori, gli studenti erano a lezione, incuriosita si diresse verso le aule.

Le porte a vetri le permettevano di osservarne l’interno, riusciva così a scorgere parte delle classi senza farsi vedere. Sbirciò nella prima.

Ororo Munroe stava spiegando gli effetti della corrente del Golfo aiutandosi con un grafico disegnato alla lavagna. Proseguì verso la successiva.

Si abbassò leggermente. La luce proveniente dalle finestre, riflettendo sui vetri, le dava fastidio, si sistemò meglio. Alcuni degli studenti presenti in quella classe aveva avuto modo di vederli a mensa, erano tutti molto attenti, qualcuno scriveva. La lezione, tenuta dalla signora Grey, verteva sul moto perpetuo dei corpi, un argomento utile quando si scaraventa un individuo lontano da noi…pensò Yoko. Una ragazzina alzò la mano per porre una domanda all’insegnante, che sedendo elegantemente alla cattedra, le fece segno che poteva esporle il quesito. Prima di rispondere posò la penna al centro del libro aperto e guardò in direzione della porta.

Ancora una volta l’aveva beccata in flagrante. Yoko proseguì oltre a testa bassa.

Vi erano in tutto sei aule, per un totale di settanta ragazzi, tutti molto presi dagli argomenti del giorno, qualcuno bisbigliava, altri tossivano, c’era chi si mangiava le unghie e chi picchiettava con le dita sul banco…le uniche voci ben chiare erano quelle degli insegnanti.

Alla fine del corridoio trovò un’indicazione con la scritta “Palestra” e una freccia verso il basso. Scese. Attraversò gli spogliatoi dei ragazzi e delle ragazze, con gli armadietti personali, le panche con gli asciugamani perfettamente piegati su di esse e le scarpe disposte in fila ordinata. Le docce profumavano di cloro e i pavimenti erano puliti e lucidi. Tutto organizzato a regola d’arte.

Voltò in direzione della palestra.

Vi erano una decina di ragazzi seduti a terra disposti in semicerchio, indossavano delle tute rosse con la scritta Xavier’s Institute stampata sulla schiena.

Logan era in piedi da un lato della fila, a torso nudo, Scott Summers con un kimono bianco e cintura nera, era al centro del tappeto, stava mostrando i giusti movimenti da eseguire in un combattimento utilizzante la tecnica del karatè. Parlava a voce alta con tono autoritario, spiegando ogni singolo gesto ripetendolo con estrema lentezza.

- Discipline secolari insegnate da un perfetto idiota! -  Pensò Yoko.

Movimenti esatti eseguiti con il cervello ma non con l’anima. Semplicemente elegante, bello a vedersi. Scott era indiscutibilmente un leader. Un uomo dal fisico atletico, i capelli sempre in ordine, i modi misurati e le frasi di circostanza, ligio al dovere, ben educato e infinitamente noioso.

Un uomo perfetto.

Spostò la sua attenzione verso Logan. Tutt’altro che perfetto.

Basso, peloso, con i capelli arruffati, un brutto carattere e pessime abitudini. A parte tutte le considerazioni negative, il soggetto riscuoteva un discreto successo tra le donne, il fascino del macho era duro a morire, in effetti notò che tra gli studenti seduti a terra, due ragazze non stavano affatto seguendo Mr. Summers nei suoi ridicoli esercizi, ma, rapite da Logan, lo fissavano a bocca aperta. Rise.

Si affrettò a lasciare la postazione da dove stava spiando il gruppetto, prima che si accorgessero di lei. Era di nuovo al piano superiore, quando la campanella annunciò la fine delle lezioni e un mare di ragazzi si precipitò fuori dalle aule correndo a destra e sinistra.

Da lontano vide Leyla che le veniva incontro assieme al tipo orecchiuto, dopo quello che era successo il minimo sarebbe stato darle delle spiegazioni.

- Eccoti qua! – Disse Leyla quando fu vicina.

- Ti ho cercata dal dottor McCoy, ma ti aveva già dimessa. Per lui non hai niente che non va .

- Lo so – Rispose Yoko.

- Lo sai? Ora lo so anch’io – Fece bruscamente Leyla, toccandosi le nocche.

- Non era necessario informare tutti del mio stato. – Yoko la guardò severamente.

- Il tuo…stato? – Ripeté l’amica.

- Si. Avrai avuto i tuoi buoni motivi per tenerci tutti all’oscuro. – Interruppe Kurt.

- Non abbiamo bisogno di parlarne ancora, ok? – Mise fine al discorso.

Leyla annuì, Yoko, però, non si sentiva per niente sollevata.

 

Si accomiatarono da Kurt che, inchinandosi galantemente, baciò la mano di Leyla ricordandole l’appuntamento serale.

- Mi piace. – Fece Leyla seguendolo con lo sguardo mentre si allontanava.

- Me ne sono accorta.

- Succede sempre così – Pensò Leyla – Tutto quello che ti riguarda da vicino passerà in secondo piano, anche questa storia finirà con una bella pietra sopra… So cosa frulla nel tuo cervello. – Riprese  -  Ma lui mi piace davvero. E’ così…così… -

- Blu? – Ridacchiò Yoko.

- Ma dai!! E’ così romantico. Non stiamo bene insieme?

- Certo, come la bella e la bestia.

- ahahahahah si è vero!! Forse è per questo che mi piace!!

Tutto era tornato come prima. La tensione si era allentata ed eccole di nuovo amiche.

Salirono in camera. Yoko si distese sul letto, aveva ancora un leggero mal di testa, prese un libro dal comodino.

- La Sacra Bibbia. Il libro più letto al mondo.

- ..si, ma tu?…L’hai letta? – Domandò Leyla in piedi davanti all’armadio aperto.

- Si. Più di una volta. Ti meraviglia? – Rispose Yoko sistemando il cuscino dietro la testa e accavallando le gambe.

-  Un pò si. Ma ho capito che non ti conoscerò mai fino in fondo. – Cominciò a rovistare tra i vestiti.

-  Cenetta tete a tete? – Yoko la sbirciava da dietro il libro aperto.

-  Già. Non so che mettere. Che ne dici di questo? – Si voltò con un microabito dai colori accesi.

- Haemuna vera signora non finisce a letto al primo appuntamento… - Ridacchiò Yoko strizzandole l’occhio - …Ma se il tuo fine è quello…metti pure quel vestito.

-  Non sei proprio il tipo che dovrebbe dispensare consigli…sono una brava ragazza…io. –

Riprese a rovistare mormorando parole incomprensibili.

-  E tu non ridere!! Anzi, vedi di alzare le chiappe e scegliere un vestito, vieni anche tu!!

-  Stai scherzando? Hai in mente un menage a trois?

-  Basta con i francesismi…non so che significhi ma Kurt porta un amico.

- Niente trasgressione allora? Peccato. In ogni caso, non vengo. Devo riordinare le idee, ho intenzione di andarmene, domani… -

- Lo immaginavo. Questo vuol dire che le nostre strade si dividono. Dove andrai?

- Verso sud. Argentina, Terra del Fuoco… -

- Non ti fermerai neanche lì…la tua natura ti porterà a spostarti in eterno.. –

Leyla si sedette accanto a Yoko.

- Beh, - Continuò – poiché questa è la nostra ultima sera, che ne dici di farmi contenta?

- Non ho proprio via di scampo?

- Sei o non sei la mia migliore amica? – Leyla corse verso l’armadio e tirò fuori un vestito bianco.

- Questo è per te. – Lo tese verso Yoko sorridendo, mentre due grosse lacrime le solcavano le guance.

 

 

 

 

 

 

Ore 21.00

Le ragazze, puntuali, erano in attesa davanti al cancello dell’istituto. Leyla indossava un minuscolo top nero aperto sulla schiena, una minigonna di jeans arricciata da un lato e stivaletti neri con un vertiginoso tacco a spillo. Niente di particolare, era solita andare in giro conciata non proprio da “brava ragazza”, il fisico longilineo le permetteva questo ed altro. La particolarità era in Yoko.

Il vestito le metteva in risalto la folta e scura capigliatura, adornata da nastri di raso bianco intrecciati tra loro, il corpo dalle forme perfette ed armoniose era finalmente portato alla luce.

L’insieme di tutto ciò rivelava una sensualità che lasciava sconcertati.

Leyla era fiera del suo lavoro. Yoko sembrava una donna. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Sotto quella maschera da dura e quei vestiti da maschiaccio si celava una femmina favolosa, Leyla le sfiorò la guancia con la mano: - Dovresti farlo più spesso. –

- Ricordati che ti sto soltanto facendo contenta…mi sento ridicola. – Borbottò Yoko togliendole la mano dal viso. - Arriva qualcuno – Aggiunse guardando verso sinistra.

Una grossa auto sportiva si stava avvicinando.

- Dovevo immaginarlo! – Disse Yoko socchiudendo gli occhi e sbattendo il piede a terra..

- Kurt si è portato dietro una nostra vecchia conoscenza… -

- Non vorrai tirarti indietro per così poco? – Leyla agitò il braccio – Hey, ragazzi!!

Poi avvicinandosi allo sportello – Di solito sono le donne a farsi attendere… -

- Haem, è vero, ma io ho dovuto fare opera di convincimento. – Rispose Kurt indicando Logan seduto accanto. Fecero sistemare le ragazze sui sedili posteriori, Yoko dietro Logan.

- Vi dà fastidio l’aria? Altrimenti chiudo la capote. – Si preoccupò Kurt.

- No, lascia pure. Questa auto è fichissima proprio per questo!! – Si affrettò a replicare Leyla alzando le braccia mimando il volo. Lasciarono l’istituto.

 

L’automobile sfrecciava per le campagne della periferia di Salem Center, a Yoko vennero in mente dei frammenti di alcuni films americani nei quali i protagonisti, di solito giovani studenti di college, se la spassavano il sabato sera. Odiava quei films.

Leyla continuava a parlare a vanvera mentre si scambiava smancerie con l’elfo teutonico ridacchiando ad ogni sua battuta…forse un disperato tentativo di sentirsi una “normale” ragazzetta innamorata. Yoko si guardava intorno. Si sentiva fuori posto, osservava lo scorrere dei prati, degli alberi, inalava l’odore della natura, ascoltava lo stridio delle cicale e di tanto in tanto coglieva il luccichio delle lucciole che danzavano come piccoli puntini volanti…tutto per evadere da quella stupida situazione. Ad un tratto, però, fu portata alla realtà. Mentre i suoi occhi seguivano la scia luminosa di un insetto, si fermarono casualmente sullo specchietto laterale dell’auto. Fu un breve istante, nel quale notò una cosa che l’imbarazzò. Logan la stava guardando.

- Una coincidenza. – Pensò chinando la testa, facendo finta di sistemarsi il vestito e mostrando un falso interessamento ai discorsi dei due amorini. Per alcuni minuti fece ben attenzione a non indirizzare lo sguardo verso lo specchietto, la curiosità infine ebbe il sopravvento.

- Era una coincidenza. – Si rilassò, Logan era intento ad accendersi l’ennesimo sigaro. Indugiò per diversi secondi pensando a quanto fosse stata stupida….una frazione di secondo ed i loro sguardi si incrociarono di nuovo. Lui, questa volta, le sorrise.

- Merda! – Si ritrasse verso il sedile in modo da non essere più visibile.

- Questo gioco sta diventando insopportabile!! – Sospirò, finalmente erano arrivati.

 

- Mmmggrr! – Grugnì Logan scendendo dall’auto.

- Qualcosa non va? – Domandò Kurt muovendosi circospetto.

- C’è puzza!

 

Logan avanzava cautamente annusando l’aria, Yoko avvertiva odori contrastanti, ma non ne riconosceva l’entità.

- Ferme lì voi due! – Le ammonì Kurt – Logan sa cavarsela da solo. Rimanete qui con me! -

- Si combatte? – Domandò Leyla saltando in piedi sul sedile. Yoko la fermò.

Un’ombra gigantesca si precipitò verso Logan inghiottendolo nel buio. Rumore di metallo.

Ancora movimenti ai lati dell’auto, Yoko si parò davanti all’amica a mo’ di scudo.

- Ce ne sono altri!! – Urlò a Kurt.

Sei individui corsero minacciosi verso di loro.

- Tu pensa a Leyla! – Yoko balzò a terra dopo un volo di un paio di metri, piombando davanti a Kurt che continuava a consigliarle di stare al riparo. Lo prese per il bavero e lo scaraventò all’interno dell’automobile. Una trappola per mutanti organizzata da altri mutanti, qualcosa non quadrava. Il più vicino, cogliendola di sorpresa, le lanciò delle scaglie taglienti che le ferirono un braccio. Yoko ringhiò. La conoscenza alla perfezione delle arti marziali, le permise in breve tempo, di togliere di mezzo quattro dei sei assalitori, senza ricorrere alle armi o ai suoi poteri.

I due dotati di tentacoli erano tenuti egregiamente a bada da Kurt, mentre Leyla si era raggomitolata in un angolo.

Yoko decise di dare un’occhiata nel vicolo buio.

Un essere di dimensioni considerevoli stava schiacciando con il piede la faccia di Logan a terra,

accorgendosi della sua presenza si voltò. Aveva dei lunghi capelli biondi che gli cadevano sul viso, gli occhi chiarissimi risplendevano come la luna, i denti inferiori aguzzi spuntavano dalle labbra rendendolo simile ad un grosso cinghiale.

- E’ amica tua?– Ruggì sorridendo. Le fece segno di avvicinarsi, Yoko notò lo scintillio delle affilatissime unghie di metallo.

- Siii, hai un buon odore, bambina. – Si leccò le labbra in maniera oscena, mentre Logan tentava disperatamente di liberare la testa dimenandosi sul terreno.

- Tu no! – Rispose Yoko avventandosi sulla sua schiena per mordergli il collo.

- Piccola puttana! – La prese per i capelli e la tirò giù tenendola appesa davanti a lui.

- Mi spiace, ma non ho abbastanza tempo da dedicarti, vado di fretta! – Le piantò le unghie nello stomaco dal basso verso l’alto, Yoko cacciò un urlo.

- Non ti durano proprio niente le donne!! – Ridacchiò catapultandola contro un muro.

- Sei un pezzo di merda!! – Biascicò Logan approfittando della distrazione, sfoderò gli artigli e li conficcò nella gamba del gigante, il quale perse l’equilibrio cadendo all’indietro.

- Ora vediamo chi è il migliore…- Infilzandolo sul petto.

Sirene. La polizia stava accorrendo avvertita da chissà chi. L’energumeno si sottrasse alle grinfie dell’avversario e sgattaiolò via in un baleno. Yoko, che nel frattempo si era trascinata in un posto più sicuro, continuava a fissare terrorizzata gli artigli di Logan che luccicavano nella penombra.

Kurt li chiamò – Presto! Salite in macchina, togliamoci di mezzo! - 

Logan rinfoderò le lame, prese in braccio Yoko e raggiunse l’auto.

- E’ ferita? – Fece Kurt mentre partiva – Mein Gott! E’ ferita!!

Leyla era ancora terrorizzata – Che cosa le è successo?? - 

Logan aveva adagiato Yoko sul sedile posteriore e la teneva tra le braccia  - Si, è ferita – rispose

- Niente di grave. Lasciamo questo posto!!

Sparirono in una stradina secondaria, appena in tempo, una pattuglia della polizia era già sul posto.

 

Yoko si abbandonò in un sonno profondo, confusa ma rassicurata da quel contatto e da quell’odore che  aveva imparato così bene a conoscere.

 

 

 

Lo stesso incubo.

La fontana dove giacevano i due soldati, uno immerso fino al collo, l’altro poco distante. L’uomo a terra presentava delle curiose ferite, tre profondi tagli sull’addome.

Odore di morte.

Qualcosa stava bruciando, doveva affrettarsi. Corse verso il giardino. Brandelli di carne sparsi sul terreno, arti amputati, teste, viscere…sangue.

Rumore di metallo.

Davanti a lei, un uomo di spalle stava ultimando la mattanza. Rumore di metallo.

Si voltò lentamente mostrando le mani dalle quali spuntavano degli artigli insanguinati.

- Sono arrivato troppo tardi. -  Snikt! Gli artigli erano scomparsi. – Mi spiace.

- Logan? – Bisbigliò Yoko.

Il volto dell’uomo si trasformò rapidamente, i denti si allungarono, gli occhi si spalancarono e la bocca si contrasse in una folle smorfia.

- No, non Logan – Rispose sbavando – Io sono la bestia!

 

 

Si svegliò di soprassalto. Logan la stava trasportando nell’istituto, probabilmente era diretto in infermeria.

- Lasciami!! – Fece bruscamente. – Il dottor McCoy mi ha già esaminato abbastanza!! Sto bene!

- Almeno un “grazie”? – Protestò Logan poggiandola in piedi.

Yoko, scura in volto, fissava le sue mani.

- Ah, si…Non te ne avevo parlato. – Disse Logan toccandosi le nocche.

- Visto? Siamo più simili di quanto pensavi.

Lo guardò con sdegno e, senza pronunciare una parola, gli voltò le spalle per andarsene.

- Si  Fece all’improvviso Logan.

Yoko, che era già lontana, si fermò sorpresa. Non capiva.

- La risposta alla domanda che mi avevi posto l’altro giorno in laboratorio…ci avevano interrotti..

la risposta è SI.

La ragazza corse via.

 

 

Il vestito prestatole da Leyla era andato, macchiato irrimediabilmente. Yoko lo sfilò lasciandoselo cadere ai piedi.

- Mi trovi ancora di tuo gradimento? – Si guardò allo specchio.

- Si

Aveva i capelli arruffati, i nastri di raso si erano aggrovigliati alla rinfusa, gli occhi erano gonfi ed il trucco sfatto, il volto era sporco di terra e sangue rappreso…aveva perso le scarpe.

- Mi trovi ancora di tuo gradimento?

- Si

Socchiuse gli occhi cercando di cacciare via quella voce insistente, col solo risultato di farne aumentare l’intensità’. Si appoggiò allo specchio con la fronte – Chi sei? – Disse con un filo di voce. Chi era Logan? Per quale assurdo motivo si erano incontrati? Proprio in questo tempo, in questo luogo…esseri centenari le cui vite non si erano mai sfiorate. Perché lui? Ripensò al sogno nel quale il suo volto si tramutava nel mostro a lei familiare, strinse i pugni.

- Io sono la bestia!! – Digrignò i denti mentre gli artigli lentamente fuoriuscivano dalle mani squarciandole le carni. Li guardò crescere, allungarsi.

- NOO!! – Gridò, cercando di bloccarli con tutti i mezzi. Niente. Erano lì, finalmente liberi, trionfanti. Si accasciò sul pavimento urlando allo specchio:

- Allora!! Adesso mi trovi di tuo gradimento??

Nessuno rispose.

 

 

 

- Yoko!! Apri!! Sono Leyla!! Apri ti prego! – Continuava a bussare senza sosta alla porta del bagno.

- Cosa sta succedendo, Yoko!! – La maniglia non girava, era chiusa dall’interno, il trambusto di poco prima aveva lasciato il posto ad un silenzio innaturale.

- Rispondi!! Yoko aprimi!!

 

 

 

 

Tarda sera, Bobby, come di consueto si era recato al pub dove incontrava Logan e Kurt per passare una nottata in allegria, si era molto meravigliato nello scoprire che non si erano fatti vivi. Pazienza.

Si scolò qualche birra da solo al bancone, cercando qua e la una pupa da rimorchiare…neanche a pagarla oro!

- Che serataccia! – Sbuffò verso il barista.

- C’è stata un’aggressione nei pressi di un locale qua vicino – Lo informò l’uomo.

- Pare un regolamento tra mutanti. Allora la gente si è chiusa in casa. Dove andremo a finire di questo passo? Al coprifuoco?

- Bah, mi sembra esagerato! – Rispose Bobby ingoiando un’oliva.

- La colpa è del governo! – Proseguì il barista rosso in volto – Ci vuole più polso con questi mostri mutanti, fanno un pò troppo come pare a loro … -

Intuendo che il discorso stava andando in una direzione sbagliata, Bobby tagliò corto e lasciò le monete sul bancone, avrebbe convinto i suoi amici a cambiare pub. Salì sulla moto per tornare all’istituto, la serata non poteva finire così…di punto in bianco gli era venuta in mente la ragazza giapponese, doveva vederla a tutti i costi.

 

 

Yoko fissava le sue mani, gli artigli non volevano saperne di rientrare, la bestia era fuori e non sarebbe stato facile ricacciarla nel limbo, lo sapeva benissimo. Tremava. La voce di Leyla le giungeva lontanissima, tutto intorno era distante anni luce, rumori ovattati. Quando la bestia prendeva il sopravvento Yoko rimaneva nascosta in un cantuccio dell’animo in attesa, osservando gli avvenimenti senza poter intervenire.

- Yokooooo… - Strillava Leyla.

- Che succede? – Bobby stava facendo capolino nella stanza delle ragazze.

- E’ la dentro, non risponde!! – Gli disse allarmata.

- Lascia fare a me. – Girò più volte la maniglia, decise quindi di forzare la porta. Due spallate e la serratura cedette.

- Oh porca…- Esclamò entrando in bagno.

C’erano schizzi di sangue nel lavandino, lo specchio era rotto e i frantumi sparsi ovunque. Yoko era seduta sul pavimento con le gambe rannicchiate, le braccia rilasciate lungo i fianchi mostravano diverse ferite, i piedi scalzi avevano dei tagli profondi.

Leyla prese un asciugamano precipitandosi verso l’amica ma Bobby la trattenne. – Attenta!! – Le indicò gli artigli – Può essere pericolosa!!

Yoko era assente, un filo di bava le colava lungo il mento sino al petto, aveva la bocca aperta in un sorriso ebete. Bobby si avvicinò scricchiolando sui vetri, quando la raggiunse si chinò:

- Yoko…- Inutile.

- Che serataccia. – Pensò alzando gli occhi al cielo.

 

 

 

 

Il ruscello era poco profondo, l’aria tiepida era un invito irresistibile a scendere in acqua.

Piegò accuratamente i vestiti e li pose all’ombra sotto un albero, accanto alla cesta della legna.

Papà e mamma non avrebbero avuto niente da ridire se fosse rientrata un pò in ritardo, era una bellissima giornata di primavera. Toccò l’acqua con la punta del piede, era fresca. Saltellò per evitare dei sassolini fastidiosi e si bagnò fino alla cintola, il velo trasparente le lasciava intravedere le gambe che si muovevano sul fondale e alcuni pesciolini che le facevano il solletico. Proseguì verso il centro del ruscello, si distese lasciandosi cullare. Gli alberi che crescevano ai lati, in certi punti, si chiudevano come una specie di cupola, il sole riusciva a malapena a filtrare tra le folte chiome in lunghi raggi che colpivano la superficie rendendola brillante. Odori. Tanti, troppi. Si sentiva strana, intorno tutto era amplificato al massimo.

Respirò a pieni polmoni e fu immediatamente colpita da una moltitudine di profumi che le causarono un capogiro. Uscì dall’acqua barcollando. Meglio rincasare, mamma aveva bisogno della legna per cucinare, pensò asciugandosi. Si infilò il kimono ed andò a raccogliere la cesta, quando si accorse di non essere sola. Un uomo appoggiato ad un tronco la stava tenendo d’occhio insistentemente. Era sulla sua strada, non poteva evitarlo, meglio far finta di niente, quindi a testa bassa gli passò davanti stringendo il prezioso carico.

- Stai andando via? – Le domandò piazzandosi di fronte.

- Si, signore. Vado a casa. Per favore mi lasci passare.

- E’ presto per andare…perché non facciamo il bagno insieme?

- La..la prego si..si..signore, devo andare a.. a.. ca..casa. – Stava balbettando dalla paura.

- Prima fai quello che ti dico e poi, forse, ti mando a casa.. – Disse strattonandola. Le strappò la cesta dalle spalle e la spinse a terra.

- La prego signore..- Piangeva – Non mi faccia del male!! – Tremava come una foglia. L’uomo si mise a cavalcioni sopra di lei, puzzava di sudore, aveva le mani viscide e i denti marci.

- Lo sai che è pericoloso andare in giro nuda? Si possono fare brutti incontri!! Piccola figlia di puttana, tua madre se l’è spassata con uno straniero vero? – La rimproverava mentre le leccava la faccia. Odori. Di nuovo tutti quegli odori. Piangeva e supplicava, lui non l’ascoltava, la toccava impregnandola del suo puzzo. Era sola, mamma e papà non potevano aiutarla, annaspava furiosamente graffiando il terreno, le stava stringendo la gola mentre con l’altra mano tentava di aprirle le cosce.

- Stai ferma!! Tanto non puoi scappare da nessuna parte!! Ti avrò viva o morta, non fa differenza!!

Urlò , un dolore lancinante le stava percorrendo tutto il corpo, il cuore le batteva all’impazzata.

Snikt! Snikt!

L’uomo si irrigidì, poi si accasciò su di lei. Immobile.

Lo spinse facendolo rotolare di lato, libera, riprese a respirare. Alzò le braccia. Pianse alla vista dei sei lunghi ossi appuntiti che sbucavano dalle mani. Si trascinò lentamente sotto un albero. Il tizio era disteso in una pozza rossa, immobile. Lo guardò ancora,  l’aveva ucciso. Si portò le mani davanti al viso, quelle cose, così come erano uscite ora erano sparite. Raccolse la cesta ed alcuni dei ciocchi caduti, compresi quelli accanto all’uomo. Lo toccò con la punta del piede. Nulla.

Cosa le era accaduto? Aveva ucciso ma non aveva paura, anzi, provava una sensazione piacevole. Tutto questo era sbagliato, mamma e papà non lo avrebbero saputo.

 

Yoko aveva undici anni.

 

 

- Bentornata tra noi! – Disse Hank chino su di lei – Ci stiamo frequentando un pò troppo noi due, penseranno che sotto sotto ci sia del tenero… - Yoko aveva la vista sfocata, il dottore le appariva come una grande macchia blu dalla quale spuntavano gli occhietti luminosi. Si portò automaticamente una mano sull’altra per controllare, gli artigli erano spariti.

- Troppo peloso per i miei gusti.. – Mormorò tentando di alzarsi. Dietro a Hank, Bobby e Leyla la osservavano curiosi.

- Lo spettacolo è finito, ragazzi! – Disse quando fu in piedi sulle gambe malferme.

- Sei una stupida!! Perché non mi hai aperto?? – La rimproverò Leyla sorreggendola.

- Ti avrei fatto del male. – Le rispose sottraendosi al suo aiuto.

- Dovrai imparare a controllarti, se vorrai vivere serena con i tuoi poteri... – Le interruppe Bobby rimanendo appoggiato alla porta del bagno.

- E chi ha detto che voglio vivere con i miei poteri? Non ho mai desiderato essere una mutante!!

- Dovresti invece essere grata per ciò che hai, saresti morta tanto tempo fa se così non fosse..- Incalzò Bobby.

- Io sono già morta tanto tempo fa!! – Rispose con astio lasciando la stanza.

 

- Forse è meglio che indossi questo, non vorrai uscire in mutande… - Bobby le passò un accappatoio, lo indossò senza neanche guardarlo ed uscì in giardino.

L’aria era fresca, decise di sedersi su una panchina lontana da tutto e da tutti, doveva riflettere.

Ripensò alla sensazione provata dinnanzi a Bobby, era quasi nuda eppure la cosa le era scivolata via indifferente. Davanti a Logan, no. Si era persino cimentata in un goffo tentativo di adescamento, ora si sentiva stupida. Quell’uomo l’aveva tratta in salvo e tenuta tra le sue braccia come per proteggerla da ogni possibile insidia…le salì un brivido lungo la schiena.

Si strofinò le gambe, faceva veramente molto fresco.

Un rumore la riportò sulla terra ferma. Si alzò, a piedi nudi tra l’erba umida, seguendone la direzione. Giunse davanti al garage.

Vi erano automobili di ogni tipo. Yoko contò una Corvette del 67, una Ferrari, un Volkswagen Beattle degli anni 70, diversi fuoristrada, un paio di scuolabus ed una decina di moto. Più in fondo un’officina attrezzata dove qualcuno stava trafficando con gli arnesi. Si addentrò nel parco macchine ammirando la perfetta lucidatura che metteva in risalto la cromatura delle carrozzerie, lavoro da certosino senza dubbio. Non si meravigliò quindi, scorgendo Scott Summers piegato verso l’interno del cofano dell’auto con cui Kurt le era passate a prendere qualche ora prima.

Aveva avuto già modo di apprezzarne la prestanza fisica spiandolo in palestra, confermò la sua tesi del bel corpo ma niente cervello, quindi si avvicinò senza farsi sentire. Le avevano parlato di Scott come di un freddo leader dotato di perfetto autocontrollo, quello era il momento adatto per testarne la veridicità.

- Sei sicuro che il guasto sia lì? – Domandò quando fu abbastanza vicina.

- So sempre dove mettere le mani…- Rispose senza sorpresa, Yoko lo aveva previsto.

- Oh, interessante.

Stavolta si voltò imbarazzato affrettandosi a specificare – Intendo con i motori!

- Capisco. – Sussurrò lei piegando la testa da un lato.

- Ahem, non dovresti essere a letto?

- Da sola è un pò noioso, non trovi? – Ammiccò.

- Senti…ho da fare – Mormorò Scott rimettendosi al lavoro. Era notevolmente imbarazzato, con la coda dell’occhio continuava a lanciarle qualche occhiatina mentre lei le voltava le spalle.

- Anche tu dovresti essere a letto…no?

- Te l’ho detto, ho da fare. Kurt mi ha riportato la macchina ammaccata. Avete fatto baldoria a quanto pare. Devo rimetterla in sesto immediatamente. – Occhiatina.

- Ma hai una moglie con cui dividere il tuo letto…Io non intendevo certo circuire un marito esemplare come te… - Fece Yoko appoggiandosi con un fianco sull’auto.

- Non so dove vuoi arrivare, ma è meglio che lasci perdere subito! – Rispose Scott.

- O forse la tua mogliettina si è trovata di meglio da fare? – Affondò Yoko.

Scott chiuse il cofano con violenza andandole incontro con il dito puntato:

- Chi credi di essere piccola pulce che non sei altro? Non ti permetto di mancare di rispetto né a me né a Jean, capito?? Adesso fila via, la tua presenza mi infastidisce!!

Bingo!! Sorrise Yoko, quello era un tasto dolente, una bella scazzottata era quello che ci voleva.

- Mister Summers che perde la pazienza!! Incredibile!!

- Spero che tu faccia le valige il più presto possibile!! Mi spiace per Xavier, ma io proporrò un tuo allontanamento dall’istituto quanto prima. – Si strofinò le mani sporche di grasso e gettò a terra lo straccio. Yoko pensò che quello fosse il momento giusto per giocare la sua carta vincente, l’avrebbe fatto  letteralmente saltare in aria spiattellandogli la storia di Jean e Logan. Pregustò lo scontro imminente.

- Tutto a posto qui? – Domandò Jean apparsa da chissà dove.

- Seee… - Rispose Scott tra i denti – Yoko stava appunto andandosene..

- Bene. Non ti dispiacerà se facciamo quattro passi insieme, vero Yoko?

- Ma certo.. – Yoko decise che forse era meglio vedersela con qualcuno di pari livello. Accettò.

Si allontanarono dal garage lasciando Scott che le guardava scuotendo la testa :

-        Quella è pericolosa, Jean. – Disse tra se e se.

 

 

 

 

 

Quando arrivarono nella sala d’accoglienza, Jean si accomodò sulla poltrona rannicchiando le gambe, Yoko restò in piedi.

- Mi hai allontanata da tuo marito

- E’ me che vuoi, lascialo perdere. Scott è un brav’uomo, non merita di essere manipolato.

- Quello è compito tuo. Sbaglio? – Commentò seccamente Yoko dirigendosi verso il vaso di fiori.

- Si, sbagli. Io non manipolo nessuno, tanto meno la persona che amo.

- Hai cercato di entrare nella mia testa!!

- Ti chiedo scusa. Ma l’ho fatto per capire se potevo fidarmi. – Portò le mani ai capelli raccogliendoli sulla nuca. Bella, come i fiori che portava ogni mattino. Yoko li accarezzò, persino la sua voce sembrava emanarne la fragranza…una donna fantastica.

Guardò l’immagine riflessa nel vetro della grande finestra, la sua. Aveva dei residui di nastro bianco annodati tra i capelli, indossava un accappatoio troppo grande, i piedi erano sporchi e le mani livide. Brutta contro ogni tentazione.

- …E non ti puoi fidare vero? – Domandò fissando la vetrata.

- Io penso di si. – Rispose Jean lasciando ricadere i lunghi capelli rossi, poi continuò:

- Penso che tu non sia come cerchi di apparire. Penso che qualcosa abbia segnato la tua vita rendendoti cattiva con te stessa. Penso che….

- Pensi troppo!! – Interruppe Yoko.

- Non sono la sola che pensa troppo… - Jean si alzò per sistemarle la cintura dell’accappatoio e con un gesto delicato le scostò una ciocca dagli occhi.

Il tocco di un fiore.

- Ora la domanda è… tu ti fidi di me?

Sensazioni contrastanti si fecero strada tumultuosamente nell’animo di Yoko, avrebbe voluto cancellarla dalla faccia della terra, l’avrebbe fatta a pezzi, le avrebbe chiesto perdono per averla odiata senza motivo, era troppo bella per essere falsa…gli artigli spingevano per uscire.

Improvvisamente erano in infermeria e Logan sussurrava delle parole all’orecchio di Jean

- Lo sai che ho occhi solo per te.

Qualunque uomo avrebbe perso la testa per una così, ma ricordò lo sguardo di Logan …era diverso. Ora che Jean le era di fronte aveva capito. Dopo tutte quelle strane sensazioni una sola certezza si presentava limpida e cristallina… Logan era innamorato di Jean.

Si sentì sconfitta.

- Non lo so ancora… - Rispose ritraendosi.

Corse via dalla sala, convinta più che mai a lasciare quella gabbia di matti.